Un eroe (2021)
Regia: Asghar Farhadi
Titolo originale: Qahremān
Nazionalità: Iran, Francia
Anno di uscita: 2021
Genere: drammatico
Durata: 128’
Fasce età consigliate:
– 14-16
– 16+
Cast Artistico: Amir Jadidi (Rahim Soltani), Sarina Farhadi (Nazanin), Mohsen Tanabandeh (Braham), Fereshteh Sadre Orafaiy (la signora Radmehr), Sahar Goldust
Soggetto: Asghar Farhadi Sceneggiatura: Asghar Farhadi Regia: Asghar Farhadi Fotografia: Ali Qazi, Arash Ramezani Montaggio: Hayedeh Safiyari
Produzione: Asghar Farhadi, Alexandre Mallet-Guy
Distribuzione Italiana: Lucky Red
Data di uscita: 3 gennaio 2022 (cinema)
Intreccio e personaggi
Rahim deve scontare tre anni di carcere per un debito che non è stato in grado di onorare. Separato dalla moglie, che gli ha lasciato la custodia del figlio, sogna un futuro con la nuova compagna, la quale trova accidentalmente una borsa piena d’oro. Durante un permesso di libera uscita, Rahim pensa di poter rimborsare in questo modo il suo creditore, ma poi decide di restituire la borsa attraverso un annuncio. La legittima proprietaria si presenta, l’oro è reso e il detenuto promosso al rango di eroe virtuoso e improvvisamente oggetto dell’attenzione dei media e del pubblico. Tuttavia dall’azione di Rahim scaturisce una reazione a catena che lo mette nuovamente in cattiva luce.
Temi
Un eroe segna il ritorno del massimo regista iraniano contemporaneo (due volte premiato con l’Oscar) al racconto della propria società contemporanea dopo la parentesi spagnola di Todos lo saben (2018). Ispirato dal documentario All Winners All Losers di Azadeh Masihzadeh, esso adotta il modello narrativo del Raise and Fall (in cui all’ascesa del protagonista segue la sua caduta) concentrandosi sulla parabola esistenziale del giovane Rahim Soltani, sorta di novello Candide che si ritrova improvvisamente scaraventato in un universo kafkiano. Il suo percorso in realtà è funzionale all’autore iraniano per incentrare, ancora una volta, il proprio discorso sulla dicotomia Vero/Falso. Tema che in questo caso è comunque solo il punto di partenza per una più ampia e articolata riflessione sulla deriva dell’interpretazione nella società della mediatizzazione selvaggia. Nell’emblematico percorso di Rahim tuttavia non c’è solo questo, perché lo sguardo amorevole e partecipe con cui viene accompagnato dal regista fa emergere tutte le contraddizioni di una società — nello specifico quella iraniana contemporanea, ma per divenire racconto universale — nella quale l’immagine sociale assume un ruolo decisivo nella considerazione dell’individuo, sempre più indifeso di fronte alla brutale strumentalizzazione di cui diviene oggetto. Nemmeno più in grado di organizzare un discorso in propria difesa, proprio come avviene al figlio di Rahim nella toccante sequenza che porta al memorabile finale.
Linguaggio
Il modello narrativo del Raise and Fall è già perfettamente iscritto nella splendida sequenza d’apertura, ambientata a Naqsh-e Rostam, tra i monumenti funebri degli antichi imperatori persiani. Qui infatti la faticosa ascesa del protagonista esplicita fin da subito la chiave di lettura della vicenda, facendo così della sequenza una sorta di dichiarazione espressiva e contemporaneamente rivelando la sofisticata scrittura di Farhadi, capace come pochi altri sceneggiatori contemporanei di dare tridimensionalità al testo moltiplicandone le prospettive attraverso le quali osservarlo. Una scrittura che si distingue sempre per le importanti elisioni (qui ad esempio l’evento principale viene delegato al fuori campo del film), le allusioni, i rimandi interni, le microstorie abilmente innervate nella direttrice narrativa principale.
Il protagonista Rahim, personaggio sorridente e dolente efficacemente incarnato da Amir Jadidi, sembra possedere la statura dei grandi protagonisti del nostro Neorealismo. Se non fosse che come sempre, il realismo del regista è solo di facciata, poiché l’articolata drammaturgia che lo sorregge è tesa a far emergere tutte le ambiguità di un mondo sempre più indecifrabile. Un realismo definito da uno stile asciutto ma sempre attento ai percorsi dei personaggi, pronto a seguirne le traiettorie, a disegnarne le relazioni e a misurarne le reazioni, a ritrarne le speranze e le disillusioni. Uno stile che rende Un eroe un alto quanto raro esempio di cinema umanista.
Scheda didattica redatta da FRANCESCO CRISPINO