The substance (2024)
Regia: Coralie Fargeat
Nazionalità: Regno Unito/USA
Anno di uscita: 2024
Genere: fantascienza, orrore
Durata: 140’
Fasce età consigliate:
– 16+
Cast Artistico: Demi Moore; Margaret Qualley; Dennis Quaid
Soggetto e Sceneggiatura: Coralie Fargeat Cinematografia: Benjamin Kračun Montaggio: Jérôme Eltabet, Coralie Fargeat, Valentin Féron Musiche: Raffertie Produttore: Tim Bevan, Eric Fellner, Coralie Fargeat
Produzione: Working Title Films, A Good Story Productions
Distribuzione Italiana: I Wonder Pictures
Data di uscita: 30 ottobre 2024 (cinema)
Intreccio e personaggi
Elizabeth Sparkle (Demi Moore), diva hollywoodiana televisiva di mezza età, viene licenziata dall’emittente che per anni ha programmato il suo show. Delusa e depressa, s’imbatte in una misteriosa sostanza capace di generare dal suo corpo una copia più giovane di lei, intesa come “la sua miglior versione”. Questa è Sue (Margaret Qualley), immediatamente pronta a sostituirla nello show e talmente rapita dal successo e dalla propria bellezza da trascurare la sua “matrice” e le regole d’utilizzo della sostanza. Gli effetti non tardano a manifestarsi in una escalation dirompente.
Temi
L’utopia dell’eterna giovinezza, e dunque dell’incorruzione della bellezza corporale, il desiderio struggente di essere guardati e amati, la feroce critica al consumismo dilagante. Questi i principali temi espressi nel film di Fargeat dai quali ne discendono alcuni contigui e altrettanto significativi. Ad essi, infatti, si collegano la dismorfofobia (paura di deformazioni/difetti del corpo) e la gerontofobia, intesa sia come paura di invecchiare, che come avversione alla vecchiaia. Tale fobia, a sua volta, è generata da un altro tema rilevante, ovvero la mercificazione del corpo femminile, già oggetto del desiderio di matrice maschilista, ulteriormente incoraggiata dalla società dei consumi e delle apparenze. Nel contesto di una contemporaneità agghiacciante, viene suggerito che solo la donna dall’immagine “perfetta” meriti amore, rispetto e – a suo modo – il Potere. Ne consegue un diktat di bellezza di valenza politica a ogni costo, tradotta spesso nel suo contrario, ovvero nella mostrificazione corporale. Accanto a queste, The Substance invoca anche una serie di altre tematiche legate al concetto di identità, ovvero riflessioni sul processo di sdoppiamento/raddoppiamento/rispecchiamento/sostituzione del Sé.
Linguaggio
Attraversando i generi di fantascienza, fiaba dark, body horror (specie nelle sue accezioni di gore e splatter), dramma esistenziale, satira socio-politica dai toni grotteschi, The Substance ne mescola, rielabora ed esaspera i codici fondamentali col risultato di un’opera complessa e formalmente stratificata. Laddove i dialoghi sono ridotti al minimo, è infatti il linguaggio filmico a prevalere, caratterizzato da una regia imponente, coraggiosa, essenziale nell’utilizzo chirurgico della sintassi cinematografica al fine di ottenere un testo capace di sorprendere, avvincere e soddisfare l’articolata sceneggiatura che la sottende. Fargeat non nasconde (anzi in taluni casi li cita platealmente) i modelli ispiratori del cinema informato in The Substance: dai corridoi in prospettiva centrale di Shining alle scene di mutazione alla Cronenberg, dal “raddoppiamento/sdoppiamento” identitario di Vertigo alle inquadrature della doccia del sempre hitchockiano Psycho. Con l’uso espressionistico delle ottiche (grandangoli spinti), delle soggettive, del sonoro, e con l’adozione di contrasti cromatici estremi (i colori accesi degli abiti e il bianco abbacinante del bagno vs il total black del nascondiglio ivi ricavato), così come delle modifiche ritmiche delle sequenze (ralenti vs accelerazioni), dei passaggi dalle geometrie astratte al caos barocco, la regista francese mette in scena un racconto audio-visivo deformato e deformante rispetto ai canoni del realismo. In quanto film che focalizza lo sguardo sul corpo femminile, o meglio sulla sua immagine, questo è spesso posto in una posizione altamente semantica dell’inquadratura, e sempre osservato con attenzione a ogni dettaglio, specie nelle scene delle celebrazioni e delle mutazioni, alternando close-up estremi a sequenze in cui la figura umana “esplode” al centro del frame, o è volutamente “schiacciata” dal contesto spaziale in cui è inserita, a significare quanto la protagonista sia vittima di un sistema di valori atto ad annullarla. Anzi, letteralmente a calpestarla come avviene nel prologo e nell’epilogo.
Scheda didattica redatta da ANNA MARIA PASETTI