L’ultima volta che siamo stati bambini (2023)
Regia: Claudio Bisio
Titolo originale: nd
Nazionalità: Italia
Anno di uscita: 2023
Genere: commedia, drammatico, storico
Durata: 107’
Fasce età consigliate:
– 11-13
– 14-16
– 16+
Cast Artistico: Vincenzo Sebastiani; Alessio Di Domenicantonio; Carlotta De Leonardis; Lorenzo McGovern Zaini
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci e Claudio Bisio Cinematografia: Italo Petriccione Montaggio: Luciana Pandolfelli Scenografia: Paola Comencini Produttore: Massimo Di Rocco
Produzione: Solea, Bartleby Film, Medusa Film
Distribuzione Italiana: Medusa Film
Data di uscita: 12 ottobre 2023 (cinema)
Sinossi
Roma, 1943: quattro bambini—il figlio del federale fascista Italo, il figlio del sovversivo Cosimo, l’orfanella Vanda e l’ebreo Riccardo—passano le loro giornate a giocare alla guerra. Quando Riccardo e la sua famiglia vengono deportati, i tre amici decidono di seguire a piedi il binario del treno per andare in Germania a liberarlo. Durante il viaggio, affrontano avventure che rivelano gli orrori della guerra. Sulle tracce dei bambini si mettono l’eroe di guerra Vittorio, fratello di Italo, e Suor Agnese, tutrice di Vanda, che spogliatisi per caso dei loro abiti rischiano la fucilazione. Dopo che i bambini hanno salvato gli adulti, Italo si finge ebreo per salire su un treno diretto ai campi di concentramento e andare da Riccardo. Ma Riccardo è già morto, e Italo non farà più ritorno. Vanda e Cosimo, anziani, tornano nella stazione da cui Italo partì ricordando l’ultima volta che sono stati bambini.
Temi
Commedia in stato di grazia sui temi dell’amicizia, della tolleranza e della diversità filtrati dallo sguardo dei bambini, l’esordio alla regia del comico Bisio parla senza retorica del dramma della guerra e del razzismo, e di come dalle logiche d’odio del mondo adulto, i bambini, salvezza del mondo futuro, siano immuni. L’amicizia dei quattro piccoli protagonisti è un sentimento più forte delle divisioni sociali e politiche: ognuno rappresenta un diverso tipo sociale (l’orgoglioso figlio del gerarca, il povero figlio del sovversivo, l’orfanella esclusa dalle adozioni perché bruttina, l’agiato figlio di commercianti ebrei): ma la loro complicità li porta a distruggere tutti i cliché in una missione di salvataggio che consisterebbe nello spiegare ai tedeschi che anche se Riccardo è ebreo, è un “ebreo ariano”, biondo alto e bello, e non ha fatto niente di male. La sottotrama del soldato e la suora in cerca dei ragazzi dimostra che senza l’abito che li costringe in un ruolo, sono pur sempre un uomo e una donna. In uno scenario di guerra dove tutti sono pedine in un gioco pericoloso più grande di loro, il film è una lezione di civiltà in nome del diritto più inalienabile: quello all’ingenuità dell’innocenza.
Linguaggio
I punti di forza del film, permeato dal clima fiabesco del racconto, sono tutti all’insegna della “leggerezza” di cui parlava Calvino nelle Lezioni Americane: sapersi elevare sopra la pesantezza del reale attraverso metafore ricche di significati che aiutino a comprenderlo con ironia, umorismo e arguzia, cogliendo l’aspetto vitale e salvifico dell’umano. Non è un caso che al centro della vicenda ci sia l’idea dell’impossibilità di distinguere il gioco dalla realtà, e che l’unico elemento capace di risolvere le contraddizioni del mondo adulto e la sua muta crudeltà, sia la fantasia. Un cast particolarmente efficace scolpisce in modo icastico i piccoli personaggi nella loro paradossale impresa, ma anche gli adulti imprigionati nei loro ruoli, con una narrazione che cavalca i cliché dell’epoca storica senza mai cadere nel caricaturale o nella semplificazione comica. Il brillante lavoro sui dialoghi di Bisio e Bonifacci esalta la grandiosa piccolezza dell’umano non solo nelle spassose avventure dei bambini, ma anche nei personaggi più controversi (come quello del federale Barocci interpretato dallo stesso Bisio), le cui meschinità personali finiscono per redimerli dalle illusioni a buon mercato e le parole d’ordine di una fede cieca (tanto quella politica che quella religiosa). La fotografia è delicata e suggestiva, anch’essa “leggera” come lo sguardo dei bambini che scoprono il mondo; il montaggio (spesso parallelo, nell’intreccio costante delle due vicende narrate) rende il ritmo del racconto calibrato e coinvolgente. Le musiche d’epoca sono tra gli elementi maggiormente connotativi del clima storico, e la colonna sonora originale è semplice ed efficace. La direzione degli attori, giocata principalmente sull’elemento mimico e recitativo, è uno degli aspetti registici più maturi e convincenti dell’esordio dietro la macchina da presa dell’istrionico comico ligure. Un linguaggio cinematografico schietto e diretto, senza virtuosismi, per raccontare l’importanza della memoria in un mondo che sembra averne perso il valore.
Scheda didattica redatta da SERAFINO MURRI