L’innocenza (2023)

Regia: Hirokazu Kore’eda 

Titolo originale: Kaibutsu
Nazionalità: Giappone
Anno di uscita: 2023
Genere: drammatico, thriller
Durata: 127’ 

Fasce età consigliate:

– 11-13

– 14-16

– 16+

TRAILER

SCHEDA IMBD

Cast Artistico: Sakura Andō; Eita Nagayama; Soya Kurokawa; Yota Hiiragi; Mitsuki Takahata

Sceneggiatura: Yūji Sakamoto CinematografiaRyūto Kondō Montaggio: Hirokazu Kore’eda Scenografia: Seo Hyeon-seon Produttore: Genki KawamuraKenji Yamada

Produzione: TohoGaga FilmsFuji TelevisionAOI ProBun-Buku

Distribuzione Italiana: Lucky Red, BIM Distribuzione
Data di uscita: 22 agosto 2024 (cinema)

Sinossi

In una tranquilla cittadina su un lago in Giappone, la vita dell’undicenne Minato, figlio di una madre single e molto affettuosa, scorre serena. Un giorno però il bambino torna da scuola e la donna si accorge che ha uno strano comportamento. A scuola c’è stata una rissa, ma sembra essersi trattato di una semplice lite tra bambini. Quando però gli alunni coinvolti vengono interrogati, le loro risposte tradiscono qualcosa di più grave. La madre di Minato intuisce che l’insegnante è responsabile e vuole indagare più approfonditamente. Man mano che la storia prende forma, il problema si ingigantisce e la questione diventa di dominio pubblico.

Temi

Ancora una volta è il rapporto tra adulti e bambini a informare il sedicesimo lungometraggio di finzione di Hirokazu Kore-eda, insignito del premio per la miglior sceneggiatura a Cannes 2023. Un’opera che si segnala innanzitutto perché contiene l’ultimo contributo artistico del grande compositore Ryūichi Sakamoto (cui peraltro il film è dedicato), e perché segna un doppio ritorno per l’autore giapponese: quello a utilizzare una sceneggiatura non propria a distanza di trent’anni dal film d’esordio e ad ambientare la vicenda nel proprio paese dopo un esilio espressivo durato un quinquennio. La vicenda scaturisce da — e si sviluppa intorno a — un atto di bullismo tra preadolescenti, anche se in realtà sotto a questo tema l’autore intende ancora una volta meditare sul difficile (e talvolta impossibile) rapporto tra genitori e figli. Tema che ne caratterizza l’intera opera e che ne L’innocenza si connota di ulteriori prospettive, sfumando in una riflessione più articolata sullo sguardo e sulle sue ambiguità.

Linguaggio

Che sia proprio lo sguardo il vero e proprio focus del discorso del cineasta nipponico (qui così come nella sua intera filmografia) è evidenziato dal modo con cui la narrazione è organizzata. Declinata attraverso tre diversi punti di vista (quello del giovane protagonista Minato, di sua madre e del maestro di scuola), che, guardando alla lezione di Rashomon di Akira Kurosawa, hanno il compito di rimettere continuamente in discussione la conoscenza acquisita attraverso la visione, tale da assecondare una delle qualità della messinscena di Kore-eda, pronta a delinearsi attraverso la minuziosa scrittura dei personaggi, osservati sempre con profondità e senza mai essere giudicati. Tuttavia la struttura narrativa del puzzle-film è in realtà un espediente che da una parte serve a riflettere sull’atto del vedere, sulla sua ontologica superficialità e dunque sulla necessità di sottoporlo a continue verifiche; e che dall’altra è contrapposto a quello del guardare, corrispondente a uno sguardo più profondo, stratificato, nel quale ciò che viene visto è continuamente messo in relazione con il non-visto, così come ciò che avviene nello spazio designato dall’inquadratura con ciò che avviene nel suo fuoricampo, e che risulta spesso decisivo ai fini della decodifica. Tanto da mettere addirittura in conflitto ciò che realmente accade con l’interpretazione che ne viene data – emblematica in tal senso è la risposta data a Minato dalla preside della scuola, forse l’unico personaggio adulto che dimostra di aver veramente compreso lo sviluppo della vicenda («Quello che è realmente accaduto non ha importanza»). È così che è la forma stessa di Monster a divenire la risposta alla questione sollevata dal film, laddove Kore-eda indica quale sia la misura corretta, la giusta distanza dalla quale filmare i propri protagonisti per poterli veramente comprendere. Un’indicazione che è una dichiarazione di poetica, e che porta Monster a essere forse il più teorico dei film del cineasta giapponese.

Scheda didattica redatta da FRANCESCO CRISPINO

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