La Plus Précieuse des marchandises – Il bene più prezioso (2024)
Regia: Michel Hazanavicius
Titolo originale: La plus précieuse des marchandises
Nazionalità: Francia, Belgio
Anno di uscita: 2024
Genere: animazione, drammatico, storico
Durata: 80’
Fasce età consigliate:
– 11-13
– 14-16
– 16+
Cast Artistico: Jean-Louis Trintignant; Grégory Gadebois; Dominique Blanc; Denis Podalydès
Soggetto: dal romanzo “Una merce molto pregiata” di Jean-Claude Grumberg Sceneggiatura: Michel Hazanavicius Montaggio: Michel Hazanavicius, Laurent Pelé-Piovani Scenografia: Seo Hyeon-seon Produttore: Patrick Sobelman, Florence Gastaud, Michel Hazanavicius
Produzione: Ex Nihilo, Les Compagnons du Cinéma, StudioCanal, France 3 Cinéma, Les Films du Fleuve, RTBF, VOO, BeTv
Distribuzione Italiana: Lucky Red
Data di uscita: novembre 2024 (cinema)
Sinossi
Tra gli alberi di un grande bosco, in una casa modesta, conducendo una vita solitaria fatta soprattutto di silenzi e fatica, vivono un povero taglialegna e sua moglie. Un giorno, mentre la guerra ancora infuria in tutta Europa, la moglie del taglialegna salva una bambina, lanciata da uno dei tanti treni carichi di deportati che transitano costantemente attraversano il bosco. La bambina, il “bene più prezioso” (La plus précieuse des marchandises), cambierà la vita del povero taglialegna e di sua moglie, ma anche altre vite, compresa quella dell’uomo che l’ha gettata dal treno…
Temi
Come direbbe Michel Hazanavicius, autore a tutto tondo de Il bene più prezioso (La Plus Précieuse des marchandises, 2024), nelle vesti non solo di regista, sceneggiatore e montatore, ma anche di fonte creativa del character design, il suo film non è una fiaba sull’Olocausto ma durante l’Olocausto. Un modo per smarcarsi da una certa retorica che spesso appesantisce le pellicola sulla Shoah, senza dubbio, ma anche per sottolineare quella che è una riflessione senza troppi fronzoli sul Male e sul Bene. Una fiaba nera, immersa nel buio, ma anche una parabola che prima o poi riuscirà a trovare la luce, il riscatto, l’umanità. Lontani dai campi di concentramento, di lavoro o di sterminio, ma anche distanti dalla devastazione della guerra, il taglialegna e sua moglie incarnano la figura del moderno buon samaritano, della persona umile, anche un po’ burbera e diffidente, ma traboccante umanità. Nei loro gesti, come in quelli degli altri personaggi di questa fiaba, possiamo riconoscere l’abisso o la salvezza.
Linguaggio
Regista eclettico e anche un po’ spericolato, capace di imporsi a livello internazionale con un sagace omaggio al cinema muto (The Artist, 2011), ma anche di imbarcarsi in remake di commedie horror nipponiche (Cut – Zombi contro zombi, 2022) o in pellicole in precario bilico tra melodramma e scenario bellico ceceno (The Search, 2014), Hazanavicius torna un po’ a sorpresa a una sua passione giovanile: l’animazione. È lui, infatti, a impostare il character design dei vari personaggi di questa fiaba nera, a larghi tratti nerissima. Ai veri animatori, poi, il compito di dare corpo, anima e soprattutto fluidità alle bozze realizzate su carta.
È forse qui, in questo passaggio tra la teoria e la pratica, che Il bene più prezioso mostra alcuni limiti tecnico-artistici. In tal senso, è emblematica una delle più riuscite e suggestive sequenze del film, quando il taglialegna sta camminando lungo i binari della ferrovia e dietro di lui spunta un treno. È una notte dominata dal buio ed è la luce della locomotiva a illuminare in parte l’inquadratura, con gli alberi e il taglialegna che sembrano solo nere silhouette (qui la mente corre alle opere preziosissime di Lotte Reiniger, pioniera del cinema d’animazione). Hazanavicius rinuncia in questo caso all’accumulo visivo e narrativo e lavora mirabilmente di sottrazione, valorizzando con l’effetto silhouette il suo character design che in altre sequenze, soprattutto nei piani ravvicinati, appare un po’ troppo legnoso.
Al di là di questi appunti, la scelta dell’animazione, tra l’altro impreziosita da fondali dall’afflato decisamente pittorico, è indubbiamente funzionale allo spirito del racconto, alla dimensione di fiaba e a questa location che è quasi sospesa, metaforica. I passaggi notturni dei treni della morte, persino più delle sequenze nei campi di sterminio, restano impressi per la loro potenza visiva, per l’implacabilità dei loro tragitti che erano e sono ferite aperte sul suolo europeo.
Scheda didattica redatta da ENRICO AZZANO