La mia Classe

Regia: Daniele Gaglianone

Titolo originale: id
Nazionalità: Italia
Anno di uscita: 2014
Genere: drammatico
Durata: 92′

IMDB
TRAILER

Cast (Attori principali): Valerio Mastandrea, Daniele Gaglianone, Bassirou Ballde, Mamon Bhuiyan, Gregorio Cabral, Jessica Canahuire Laura, Metin Celik, Pedro Savio De Andrade, Ahmet Gohtas, Benabdallha Oufa, Shadi Ramadan, Easther Sam Shujan Shahjalal, Lyudmyla Temchenko, Moussa Toure, Issa Tunkara, Nazim Uddin, Mahbobeh Vatankhah, Remzi Yuce

Cast Tecnico:
Regia: Daniele Gaglianone Soggetto: Gino Clemente, Daniele Gaglianone, Claudia Russo Sceneggiatura: Gino Clemente, Daniele Gaglianone, Claudia Russo Fotografia: Gherardo Gossi Montaggio: Enrico Giovannone Scenografia: Laura Boni Costumi: Irene Amantini Suono: Stefano Campus (presa diretta), Vito Martinelli (montaggio suono)

Produzione: Axelotil-Pablo, Kimera Film, Rilief, in collaborazione con Rai Cinema
Produzione esecutiva: Gianluca Arcopinto

Distribuzione Italiana: Pablo Distribuzione Indipendente
Data di uscita: 16 gennaio 2014 (cinema)

Intreccio e personaggi

Roma. Un attore (Valerio Mastandrea, protagonista) sta girando un film in cui interpreta un insegnante di italiano per stranieri. La classe (co-protagonista) è composta da Bassirou, Moussa, Issa, e altri giovani e adulti provenienti da vari Paesi del mondo che devono imparare la lingua italiana per ottenere i documenti necessari per il permesso di soggiorno. Inizialmente intimoriti dalla troupe, gli studenti si sentono presto a proprio agio durante le lezioni che diventano anche l’occasione per raccontare e condividere la propria storia, a volte molto dolorosa, ricordare il Paese di origine, le difficoltà della vita in Italia, in un clima amichevole e accogliente. A un certo punto uno dei ragazzi è costretto a lasciare le riprese a causa del permesso di soggiorno scaduto. La troupe è inizialmente in difficoltà, il regista Gaglianone e l’attore Mastandrea si interrogano sul da farsi, sull’opportunità di proseguire la realizzazione del film o interromperne le riprese. Si sentono inadeguati e impotenti di fronte al paradosso di girare un film e venire travolti dalle stesse tematiche messe in scena: una burocrazia ingiusta e violenta. Dopo un acceso confronto, la classe e tutta la produzione decidono di proseguire la lavorazione del film e mettere in scena la realtà: l’abbandono della classe da parte di uno dei ragazzi, il suo arresto, la disperazione e il conseguente suicidio in carcere. Le riprese del film si concludono, gli studenti sono ormai un consolidato gruppo di amici, eppure resta in Mastandrea la paura che il proprio impegno civile come attore sia vano e inutile di fronte alla realtà.

Temi

La mia classe fa emergere in primo luogo le storie personali dei migranti, raccontate in prima persona: gli stenti e le violenze durante il viaggio per arrivare in Italia, i lutti e le famiglie disgregate, lo sfruttamento lavorativo e i ricatti, la nostalgia del Paese di origine. Ma quando ciò che inizialmente era solo un’idea in sceneggiatura (il permesso di soggiorno scaduto di uno degli studenti) improvvisamente diventa un fatto reale con un impatto sulle riprese, il film diventa anche una riflessione sul ruolo del cinema nel raccontare gli aspetti più complicati e contraddittori della nostra società. La realtà ha travolto la finzione e La mia classe interroga se stesso e diventa, nella parole del regista “una sorta di riflessione sulla natura duale dell’immagine che rimanda a due universi che spesso vogliamo separati, ma che invece separati non lo possono essere quasi mai.”

Gli studenti, il regista e tutta la produzione sono posti di fronte alla questione del rispetto di regole che, di fatto, violano i diritti fondamentali dell’uomo, quali il diritto a un lavoro dignitoso, il diritto a una casa. Il film, ambientato in un’aula scolastica e con veri attori sociali come personaggi, tutti i protagonisti del film di Gaglianone, sono veri studenti di italiano che mettono in scena se stessi – richiama inevitabilmente alla mente “Diario di un maestro” di Vittorio De Seta e “La classe – Entre le murs” del francese Laurent Cantet, discostandosene tuttavia quando la realtà prende il sopravvento sulla finzione e il regista entra in campo, mettendo in scena il suo disagio, le domande, i dubbi.

La mia classe riesce a non essere pietistico né retorico e le scene in questo senso più rischiose, come quella del suicidio in cella, sono narrate attraverso l’esposizione della messa in scena: il regista decide di mostrare la preparazione della scena, quando l’operatore spiega allo studente come costruire un cappio in modo sicuro, e non la scena stessa. Da parte sua Mastandrea conferma la sua straordinaria capacità empatica e di improvvisazione, capace di ascolto e di mettere a proprio agio gli studenti.

Linguaggio

La mia classe è strutturato su due livelli di narrazione, la classe di italiano e la lavorazione del film, che inizialmente corrono paralleli, per poi intrecciarsi e confondersi. Se inizialmente documentario e finzione sono ben riconoscibili, alla fine non si distinguono più così chiaramente. Il dispositivo metanarrativo è subito svelato: nella prima scena i fonici sistemano i microfoni agli alunni e il regista dà loro indicazioni. La sospensione dell’incredulità dello spettatore è immediatamente negata, il patto con lo spettatore infranto. L’assenza di un confine netto tra campo e fuori campo può avere un effetto straniante, ma diventa il punto di forza del film e invita lo spettatore a smettere di chiedersi cosa sta vedendo, cosa è vero e cosa finzione. La fotografia di Gherardo Gossi, delicata e accurata, accompagna il ritmo e le diverse atmosfere emotive del film: movimenti di macchina veloci quando durante le conversazioni nelle lezioni, e al contrario lenti quando raccolgono e accompagnano i racconti dei ragazzi. Le sequenze delle lezioni hanno tempi lunghi e dilatati, assecondando così il ritmo lento dell’apprendimento e dell’ascolto e permettendo a tutti gli studenti di emergere e apprendere. Come il lunghissimo piano sequenza con lenti e ripetuti carrelli laterali durante l’esercizio di comprensione del testo attraverso la canzone, che segue uno dei momenti più intensi le testimonianze dei ragazzi. In quei minuti, c’è il tempo per decomprimere le emozioni, stare con i ragazzi, leggere i loro pensieri. La coralità dei racconti e dei punti di vista è restituita dalla sinfonia di voci che ascoltiamo nella prima scena in classe durante la prova microfoni o in spiaggia sul finire del film. Il registro documentario emerge nell’uso della luce che segue il naturale corso del giorno, e accompagna il trascorrere del tempo in aula, e dall’assenza della colonna sonora ad eccezione della canzone di Daniele Silvestri “L’autostrada”, usata in funzione diegetica, come strumento didattico di lavoro durante la lezione.
Non mancano tuttavia elementi propri del film di finzione come la primissima scena con cui si apre il film: un ralenti sulla figura di Mastrandrea che passeggia pensieroso e avvilito per i corridoi della scuola e prosegue seguendo la figura in controluce di due carabinieri che si avvicinano ad un ragazzo sdraiato nell’angolo di una casa abbandonata.

Scheda didattica redatta da Flavia Montini

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