
A ciambra (2017)
Regia: Jonas Carpignano
Titolo originale: id.
Nazionalità: Italia/Francia/Germania/USA
Anno di uscita: 2017
Genere: drammatico
Durata: 118′
Cast (attori principali): Pio Amato (Pio), Koudous Seihon (Ayiva), Iolanda Amato (Iolanda), Damiano Amato (Cosimo), Patrizia Amato (Patatina), Susanna Amato (Susanna), Rocco Amato (Rocco), U ciccaredù (Nonno Emiliano), Francesco Papasergio (Francesco)
Cast tecnico:
Soggetto e sceneggiatura: Jonas Carpignano; Fotografia: Tim Curtin; Montaggio: Affonso Gonçalves; Musica: Dan Romer; Scenografia: Marco Ascanio Varigi; Costumi: Nicoletta Taranta; Suono: Giuseppe Tripodi (presa diretta);
Produzione: Christoph Daniel, Marc Schmidheiny, Rodrigo Teixeira, Ryan Zacarias, Gwyn Sannia, Paolo Carpignano, Jon Coplon per Stayblack, RT Features, Rai Cinema, Sikelia Productions; Produzione esecutiva: Martin Scorsese, Emma Tillinger Koskoff
Distribuzione Italiana: Academy Two
Data di uscita: 31/8/2017
Intreccio e personaggi
Il protagonista è il 14enne Pio, giovane membro della comunità rom di Gioia Tauro in Calabria, una comunità stanziale che risiede in un’angusta baraccopoli denominata “A Ciambra”. Nonostante la giovane età, Pio vive la propria adolescenza come fosse già adulto, trasgredendo regole e assumendo comportamenti oltre il confine della legalità. Il suo oggetto del desiderio è assumere lo status del fratello maggiore Cosimo, che con le sue attività illegali riesce a mantenere la numerosa famiglia. La sfrontatezza che lo caratterizza porta Pio a intrattenere relazioni con tutte le componenti sociali della zona: gli italiani, i suoi consanguinei Rom e gli africani rifugiati. Tra questi ultimi soprattutto con Ayiva, con il quale fa affari e condivide esperienze.
L’arresto di Cosimo e di suo padre spezzano però il fragile equilibrio. Pio, diventato il maschio più grande di casa, si propone così di prenderne il posto per il sostentamento della famiglia, scontrandosi anche con la madre Iolanda assolutamente contraria. Le sue attività illegali iniziano così ad aumentare, ma commette l’errore di tentare un furto nella casa di un boss del territorio che si rivale immediatamente nei confronti della famiglia. Quando Cosimo viene rilasciato, invita il fratello ad aiutarlo a svaligiare il garage dove Ayiva tiene elettrodomestici pronti a essere spediti in Africa. Pio inizialmente è riluttante, ma poi cede alle esortazioni del fratello perché così potrà finalmente essere considerato un “adulto”.
Temi
Costruito come un classico racconto di formazione che scandisce il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, A ciambra rappresenta la continuazione e, insieme, il controcampo del discorso intrapreso nel lungometraggio d’esordio del regista. Se in Mediterranea (2015) venivano infatti raccontate le vicende di Ayiva nel suo avventuroso quanto disperato viaggio dall’Africa verso l’Europa (che termina con la “rivolta di Rosarno” del 2010), qui i ruoli si ribaltano e il protagonista diventa Pio, che nel film precedente rivestiva un ruolo minore. Lo spostamento del punto di vista non incide però sul discorso portato avanti da Carpignano in questa sorta di dittico, benché qui sia incentrato soprattutto sull’osservazione di un territorio ribollente (quello tra Gioia Tauro e Rosarno), attraverso una delle comunità che lo abitano (quella rom) e dedicando particolare attenzione alle relazioni che essa intrattiene con le altre con cui condivide il medesimo spazio. Pio e Ayiva rappresentano metonimicamente l’attrazione/repulsione che connota tale difficile convivenza, gli elementi narrativi da cui far emergere il conflitto che anima la narrazione e dai quali s’irradia l’attenzione verso la divisione tra diversi gruppi etnici.
Linguaggio
Le scelte espressive sono direttamente collegate ai temi intorno ai quali ruota l’affabulazione. La matrice (neo)realistica con cui sono trattati dà infatti grande rilievo alla componente socio-antropologica, attraverso la quale la comunità rom viene mostrata nei suoi riti e ritratta nelle dinamiche sociali che la sostengono – come ben dimostra la lunga sequenza all’inizio incentrata sul momento conviviale durante un pranzo della famiglia Amato. Una precisa scelta di campo che finisce per determinare le altre, a cominciare dall’idea di servirsi di persone piuttosto che di personaggi – o meglio di partire dalle prime per costruire i secondi. Su questa matrice da cinema della realtà, il regista però interviene spesso con brani musicali extradiegetici che producono sempre uno scarto dalla narrazione, sia quando utilizza la colonna sonora di Dan Romer, sia quando ricorre a brani pop (ad es. con Faded per il finale). Proprio l’utilizzo della musica pop, che fa vibrare espressionisticamente un materiale altrimenti semi-documentaristico, rivela dunque uno stile ibrido. Una sorta di sguardo dalla “doppia cittadinanza”, in cui l’estetica neorealistica si coniuga con certo cinema statunitense (Scorsese in primis).
Scheda didattica redatta da Francesco Crispino